| TORINO, 23 settembre - I piedi di Diego Ribas da Cunha - lo riconoscono anche i tifosi avversari ed è il tributo più grande per un calciatore - sono notoriamente da virtuoso, a soprendere è la testa. Lucido nel ragionamento, rilassato nel reggere il ruolo di primo della classe, abile nello sfuggire ai tranelli dialettici con un sorriso che sembra dire: «Non mi freghi». Il Diego che incontri fuori dal campo regge il paragone con quello capace di incantare le folle nei 90’ dedicati al dio pallone. E il fatto non è scontato, di solito. Insomma, per la gente bianconera il divertimento sembra garantito almeno per un decennio grazie a un fuoriclasse assoluto, di quelli che fanno epoca. E visto che alla Juve ci si diverte solo vincendo, sottolineiamo subito una frase tra le tante emerse nella chiacchierata con il numero 28: «Siamo una grande squadra, soprattutto un grande gruppo. E’ questo il momento di vincere». Parole che arrivano quasi a fine intervista, ideale sintesi del Diego pensiero. Il fuoriclasse di Ribeirao Preto si esprime in un italiano più che buono, eppure incontentabile commenta: «Non è ancora perfetto, devo lavorarci».
Cosa l’ha sorpresa d più in questi primi mesi italiani? «Mi ha sorpreso la grandezza della Juventus. E poi l’affetto che tutti sembrano provare per me. Soprattutto gli juventini, ma noto rispetto anche da parte dei tifosi avversari».
Il suo impatto, anche mediatico, sul calcio italiano è stato davvero notevolissimo. Qual è il segreto, oltre al fatto di saper trattare molto bene quel pallone? «Io penso di rispettare tutti, forse conta quello. Quanto ai tifosi juventini, è chiaro che mi fanno sentire importante, mi danno forza».
Ci regali un’istantanea che faccia capire come si manifesta questo affetto. «Mi viene da pensare a quando siamo stati a Napoli, l’accoglienza fu veramente diversa. Gli abbracci, le sciarpe della Juve sul collo, mi aspettavano all’hotel, al ristorante».
Lei ha origini napoletane. «Sì, un ramo della mia famiglia è di origine napoletana, un altro del Nord Italia».
La sua vita è molto cambiata? «Molto no. Certo voi italiani, in quanto latini, siete più vicini a noi brasiliani rispetto ai tedeschi e questo ovviamente è un aspetto piacevole».
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